Se le 5.33 del mattino sono un segno indicatore sul mio sentiero, questa è una notte insonne. Cosa sono due, tre ore, da un giorno nuovo e il suo strascico di promesse senza fiducia; solo il salto goffo rotto, incerto per un che di irrimandabile. Un segno implica un segno. Qualcosa è stato di troppo di solito, un confine valicato, la goccia che sbocca il vaso all'improvviso un viso rigato, tradito se pure quasi mai si dà una sola causa – d’ardore o sconcerto: le membra, ciascuno la propria preghiera, ogni pensiero un ricordo e un richiamo. Persino il cielo deve saperne qualcosa se di sudore bagna la sera e fiori di Zagara e chiama i tormenti col loro nome. Un inizio è un errore. Non basta una prima nota a consolidarne la durata la fine non si commuove al chiarore dell’alba, agli squilli di tromba: sui momenti si china per esaudirli. Affonda forme nel passato, il ricordo le rimpicciolisce, declinando si contrae. E’ una regola senza eccezioni. Pure afferrarla non basta – in me fissarla, per sempre. Non tornerà questa notte di pomelia e saliva il mattino ne parla e non la trattiene.
aurora:
Questa voce è stata pubblicata in General e contrassegnata con autoterapia, poesia, versi. Contrassegna il permalink.